Manuel Winston Reyes, cameriere colpevole di aver ucciso la contessa Alberica Filo della Torre nel Delitto dell’Olgiata, è tornato libero dopo dieci anni di carcere.
Era la mattina del 10 luglio 1991: alla villa dell’Olgiata fervono i preparativi per il decimo anniversario di matrimonio tra la contessa Alberica Filo della Torre e l’imprenditore edile Pietro Mattei. Una cornice incantevole, che nessuno avrebbe potuto immaginare come scena di uno dei delitti più famosi della cronaca nera italiana: il Delitto dell’Olgiata.
Sono le ore 9:15 del mattino quando una domestica e la figlia Domitilla bussano alla porta della stanza della contessa senza ricevere alcuna risposta. Inizialmente non se ne preoccupano, ma quando anche ai tentativi successivi la porta rimane chiusa, una cameriera decide di aprirla usando la seconda chiave. Davanti a loro trovano la contessa morta, la testa avvolta in un lenzuolo insanguinato.
Da qui scattano le indagini: il colpevole sembra aver rubato i gioielli, ed evidentemente conosceva bene la casa. I primi sospetti ricadono proprio sul marito Pietro Mattei, poi sul vicino di casa, un ragazzo con problemi psichici. Poi ancora su di un domestico licenziato dalla contessa poco prima di morire, Manuel Winston Reyes: anche il suo nome, tuttavia, viene scartato in poco tempo. A questo punto le indagini si accartocciano, cominciano a incespicare, a rallentare inesorabilmente. Ben presto è la sola tenacia di Pietro Mattei a tenere vivo il caso.
Passa più di un decennio. Nel 2007, con l’introduzione di nuove tecnologie e tecniche investigative, l’imprenditore chiede che si cerchi il DNA dell’assassino su tutti i reperti sequestrati dalla villa; e il colpevole viene individuato proprio grazie alle tracce lasciate sul lenzuolo che avvolgeva la vittima: si tratta dell’ex sospettato Manuel Winston Reyes.
“Ho vissuto per tanto tempo con questo peso, perdonatemi” confessa Reyes, che viene processato per omicidio con il rito abbreviato e, a ottobre 2012, condannato infine a 16 anni di carcere. Ma, dopo appena una decina di anni, grazie a un indulto e alla liberazione anticipata, l’assassino è già a piede libero. Mattei, morto l’anno scorso a gennaio, non può più protestare, ma il figlio Manfredi esprime tutto il suo rammarico: “In Italia la ricerca della giustizia ricade su chi, come mio padre, ha spalle larghe per poter affrontare i tribunali. L’ingiustizia, invece, è democratica“.